Plastica, cosa fare realmente per i nostri mari
Oggi vorrei parlare del reale impatto ambientale della plastica sulla terra, ma anche e sopratutto del perché, i colpevoli, e quelli che devono risolvere la faccenda, siamo sempre noi e non chi realmente lucra con tutta questa situazione.
Non me lo chiedo solo io e gli esperti, ma anche chi ha a cuore la sostenibilità, e chi sa che la verità sta a monte e non a valle, anche e perché questa tematica è ormai all'ordine del giorno a livello globale.
La plastica, un materiale considerato così utile e insostituibile, per lo meno riportato così dai media, ha generato "dipendenza" nella società contemporanea e rappresenta uno dei peggiori nemici del nostro pianeta, anche se non tutte le persone se ne rendono conto.

In questo articolo, cercherò di aprire la mente, più che gli occhi e quindi ho raccolto informazioni utili sull'impatto ambientale, ma anche e sopratutto come correggere questo disastro, come eliminare la plastica partendo dalle bottiglie PET, sicuramente qualcosa scritta da lasciare a noi e alle future generazioni.
Reale impatto ambientale?
Varie ricerche sono state fatte, ricerche indipendenti, ufficiali degli istituti preposti o dalle Nazioni Unite.
E qui vorrei ricordare che la parola ambientalista significa un esperto di niente, uno che si occupa, tra le altre cose di ambiente, cosa che sinceramente buona parte della popolazione fa. Però pensare, non è fare, quindi più che ambientalisti, per noi, cercherei di usare le parole, preoccupati a risolvere problemi del pianeta.
Fare di più e parlare di meno. Noi siamo la soluzione, non il problema.
Torniamo alla plastica.
La plastica è un problema, semplicemente perché non si può distruggere, con numeri che impressionano visto che oltre il 50% della plastica prodotta, è realizzata per essere usata una sola volta e poi gettata via (pochissime volte nel bidone dell'indifferenziata).
Nel pianeta vengono prodotti oltre due milioni di contenitori plastici al minuto e di questi un milione sono bottiglie in PET, e ogni giorno vengono utilizzati oltre 13 miliardi di sacchetti monouso in plastica.
Purtroppo tonnellate di plastica, vengono lasciati all'aperto, inquinando ecosistemi, come il mare e li oceani, diventando uno dei maggiori problemi dell'inquinamento del nostro pianeta.
A detta di alcune fonti, tra queste l'Environment Programme delle Nazioni Unite vengono prodotti oltre 300 milioni di tonnellate di rifiuti plastici all'anno, dei quali oltre il 90% finisce nelle discariche o poi nei nostri mari.
Quindi se immaginiamo, che fin dalla sua prima utilizzazione (verso gli anni '50), siano stati prodotti oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica, immaginatevi la portata dell'inquinamento agli ecosistemi terrestri, che esiste attualmente.
Allora cosa si può fare? Certo la risposta è semplice, bisogna subito ridurre la plastica.
E per noi SUBITO, significa"IERI", dalla fase di produzione, CON ESTREMA URGENZA, sino a quella dello smaltimento e riciclo.
Cosa Fare?
Secondo le centinaia di ONG Il contributo deve essere di ogni persona per ridurre la plastica e l'inquinamento dell'ambiente.
Ok giusto, ma per noi non basta colpire o responsabilizzare il consumatore, ma prima di tutto guardare ai produttori e agire su di loro, pur continuando la raccolta differenziata per il riciclaggio e utilizzare solo materiale plastico riciclato.
La cosa che mi sciocca di più è vedere che i progetti sono tutti rivolti a enti locali, scuole, aziende e cittadini, come se il produttore fosse escluso dalla responsabilità.
Certo che questa pratica ormai usata dalle grandi imprese (vedi ad esempio la responsabilità sui vaccini, petrolio, carbone, gas e alluminio), sembra che non sia mai colpa loro, ma solo e sempre di noi usuari.

Novità per i Pet
Attualmente non abbiamo un metodo efficiente per riciclare le grandissime quantità di materie plastiche che produciamo ogni anno.. almeno fino ad oggi. Un team di scienziati ha trovato un enzima batterico capace di smaltire la plastica in poche ore.
L'enzima ha "scomposto" la materia plastica in blocchi chimici che sono stati utilizzati per produrre nuove bottiglie di alta qualità. Secondo everyeye.it e TheGuardian si tratta di un grandissimo passo avanti, visto che le attuali tecnologie di riciclaggio esistenti di solito producono plastica sufficiente per abbigliamento e tappeti. Carbios, la società a guida della scoperta ha dichiarato di voler mirare al riciclaggio su scala industriale entro cinque anni, collaborando con aziende importanti.
L'Articolo del everyeye.it
continua:
Il nuovo enzima è stato trovato grazie ad una ricerca pubblicata mercoledì sulla rivista Nature. Il lavoro è iniziato con lo studio di 100.000 microrganismi promettenti, incluso un organismo trovato all'interno di alcuni compost di foglie, scoperto per la prima volta nel 2012. "Era stato completamente dimenticato, ma si è rivelato il migliore", dichiara il prof. Alain Marty dell'Università di Tolosa e direttore scientifico di Carbios.
Il team ha utilizzato l'enzima per scomporre una tonnellata di bottiglie di plastica, che sono state degradate al 90% in 10 ore. Con il materiale ottenuto, gli addetti ai lavori hanno poi creato nuove bottiglie di plastica; questo processo rende possibile un vero riciclaggio biologico su scala industriale del PET.
Oggi citerò solo alcuni sistemi industriali di bio-plastica che potrebbero invertire l'uso massiccio della plastica:
- I packaging commestibilii, tra i più conosciuti le Ooho Balls, 100% biodegradabili. I packaging commestibili e sostenibili di Ooho esistono dal 2014 e sono utilizzati al posto delle classiche bottigliette di plastica PET, ad esempio per idratare gli atleti nei punti di rifornimento, lungo il percorso di una maratona. Il materiale è commestibile completamente trasparente e nel caso di non essere ingerito è biodegradabile nell'ambiente in poche settimane. Si chiama Notpla e viene prodotta a partire da un'alga naturale e cresce a ritmi vertiginosi. Grazie alla sua flessibilità può contenere diverse tipologie di liquidi, dall'acqua a bibite cocktail e salse.
- Poliuretano green dagli scarti del pesce. Questa nuova bio-plastica, presentata in Canada dal dipartimento di Chimica dell'Università di Newfoundland e la materia prima è l'olio di pesce, un composto naturale realizzato con scarti organici.
- PEF. Si chiama Polietilene furanoato ed è prodotto dal furano, sostanza estratta dal legno. Il suo brevetto risale al 1951, ma è solo da pochi anni che se ne conoscono le potenzialità come sostituto della plastica. La sua base biologica lo rende più efficiente del PET per realizzare imballaggi e vassoi per alimenti.
- La Chinina. Estratta dagli esoscheletri di scampi e gamberi, la chinina è alla base di nuovi bio-polimeri non inquinanti. Recuperando il polisaccaride presente nei gusci dei crostacei, è possibile ottenere materiali biologici dalle proprietà sorprendenti.
- Ecolactifilm. Sviluppato da un'azienda francese, l'Ecolactifilm è una pellicola solubile creata con proteine del latte certificate Ecocert ed Ecolabel. È simile al PVA, materiale che si scioglie in acqua e che di solito avvolge i detersivi per la lavastoviglie. La sua marcia in più? Si degrada al 100% nel terreno in soli 28 giorni.
- Cheratina. Presente in molti vegetali e persino nelle piume di pollo, la cheratina è una sostanza resistente e flessibile, utilizzata per produrre materiali completamente biodegradabili. Le penne di questi volatili sono un surplus alimentare. Secondo gli studi del ricercatore italiano Giovanni Perotto, possono avere una seconda vita green e sostenibile.
- Si chiama Arboform ed è una delle alternative alla plastica brevettate dall'azienda tedesca Tecnaro. Grazie alla sua composizione di sostante naturali come lignina e fibre di cellulosa, è definita anche "legno liquido", o liquidwood. Ha avuto molto successo sul mercato poiché combina le proprietà delle termoplastiche e quelle del legno, oltre a essere è biodegradabile.
Insomma esistono per lo meno altre 30 soluzioni di bio-plastica già fattibili in grande scala, senza contare materiali classici come ceramica, vetro e metallo, riutilizzabili e molto più biodegradabili della plastica, per noi lo sforzo deve venire si dai cittadini, ma principalmente alla fonte da chi produce la plastica.
Vorrei approfittare per citare una città (e la sua provincia) che sta facendo qualcosa di serio su questo argomento.

Faenza (la città della ceramica e porcellana Casa dell'acqua utilizza un distributore automatico di acqua alla spina, denominato la "Casa dell'acqua", come quelli già presenti in alcuni altri comuni della provincia di Ravenna. Una scelta, quella dell'Amministrazione comunale faentina, finalizzata a perseguire la sostenibilità ambientale promuovendo l'uso dell'acqua potabile di rete in alternativa a quella minerale commercializzata, che, inevitabilmente, produce grandi quantità di rifiuti plastici.
Li vicino a Mezzano addirittura alla spina compri il latte crudo, e come se non bastasse puoi ricevere a casa vino, farina, pasta e olio, tutto sfuso con contenitori in vetro, ceramica o bio-plastica, proprio come al tempo dei nonni e dei bisnonni.
Insomma se Faenza lo può fare, tutti i comuni possono farlo, immaginatevi fin da subito l'impatto sul nostro pianeta.
Fatti non chiacchiere.
Djàvlon